Retrospettiva di Luca D’Amico
Luca D’Amico (Vibo Valentia 1925 – Rossano 1991)
«Caratteristica peculiare delle raffigurazioni paesaggistiche di Luca D’Amico è il comporsi dialettico delle luci e delle ombre, che si definiscono le immagini in un suggestivo ordito di linee e di colori, rievocando una realtà vicina al sentimento interiore dell’artista. Motivi umani e umori ambientali si fondono nel sapiente impasto del cromatismo, interprete dell’intenso lavoro di scavo psicologico con cui l’artista si rivolge all’oggettività. Le situazioni che D’Amico analizza sono tratte dall’esperienza quotidiana, da un’esistenza semplice, che si svolge secondo ritmi ancorati ad atavici valori e tradizioni. Egli vi scorge autentiche verità, che traduce con padronanza di mezzi tecnici nel devenire pittorico, rendendo fecondo il suo messaggio concettuale ed estetico».
Salvatore Perdicaro – Critico d’arte ed Editore
D’Amico, Luca per gli amici ed estimatori, è un prodotto autentico della terra di Calabria, delle due Calabrie, quella Ultra di Vibo Valentia e quella Citra di Rossano, le radici e la città di elezione. Di questa terra antica racconta, con immagini pregne di profonda poesia pittorica, il suo essere e il suo malessere, la sua realtà e le sue speranze, la complessità e le contraddizioni. La sua è una pittura speculare: senza rudezze, senza toni drammatici e apocalittici, senza enfasi; ma sempre composta, ispirata al greco «Metron›, all’equilibrio tra temi rappresentati e rappresentazione, tra contenuti e forma. Perciò non c’è alcuna concessione allo sgomitolamento dei sentimenti e delle passioni, né all’assecondamento di gusti, tendenze, mode: ma costante è la sintesi armonica di tensione estetica e di immagini della comunicazione. L’autodidatta, l’artista naturale, così, nella ricerca e nell’affinamento si fa maestro, maestro di semplicità e di realismo. I temi preferiti sono vari e tanti. Tra quelli trattati nello studio sono i fiori e le nature morte: i fiori delle nostre campagne, protesi in uno slancio mistico verso l’alto, nobili nella loro semplicità, con una esplosione di colori caldi, intensi, dai quali, se ben partecipi e ti compenetri, emergono profumi delicati ed inconfondibili. E poi la fragranza policroma dei frutti della nostra terra: i limoni, i melograni, i fichi, i fichi d’India, i cocomeri; e da coreografia ìe antiche tovaglie a righe, le sedie impagliate, i tavoli rustici della fiera vita contadina, in perfetta aderenza alla realtà di un mondo di povertà e di ricchezza di povertà. Accanto a questi il tema della religiosità, quella laico-umana della bellezza e quella sacra del Cristo in croce: Eros e Tanatos, l’Amore e la Madre, la Vita e l’Eterno la Gioia e il Mistero, il Transeunte e l’Assoluto. Le due spiritualità, i due sentimenti sono compenetrati: la donna distesa sul letto è la bella armonia dell’anatomia umana, gioia che sì fa immagine; eppure malcela una grande tristezza un presentimento oscuro, un oscuro preannuncio. E il Cristo immolato è un uomo tra gli uomini, scavato nel volto e martoriato nel corpo dalle ingiustizie e dalla violenza, dolorante vittima; ma è anche serenità, immagine di coscienza felice, preannuncio di Giustizia e di Eternità. E quando dal raccoglimento e dall’intimismo degli interni il Maestro vibo-rossanese si proietta all’esterno, la semplicità e il realismo si esprimono al massimo dell’efficacia e al meglio della poesia.
La Natura in festa, i prati fioriti, le grandi distese di verde, gli ulivi, grandi vecchi di una Civiltà antica, contorni, inerpicantisi ed avvitantisi verso il cielo come in un’estatica preghiera, la morbida neve, alberi seven e scheletrici, cieli plumbei o di intenso azzurro (che azzurro) sono tanti tasselli della descrizione visiva e contemplativa dell’Essere oggettivo, un omaggio alla grande Madre Natura, una testimonianza di amore e di gratitudine verso chi dà la vita. I temi nei quali Luca si esprime in maniera più lirica e che Io stesso, ritengo, prediligge, sono le rappresentazioni eroiche ed epiche dei Centri Storici, il cui simbolo emblematico è quello della Rossano Antica. La Torre dell’orologio, la Grande, i palazzi gentilizi, i «vinedd’», i «gafi», i «catoi», le piazze, le case del popolo, quelle dirute e quelle ancora pulsanti di vita, la porta della Giudecca, gli scorci e gli angoli più suggestivi e caratteristici. E, tra quei monumenti e quelle pietre, emergono volti e sagome di anziani, mesti, resi ncurvi dal tempo e dalle ingratitudini, fieri fino alla regalità: saggi inascoltati, custodi di una sapienza antica, guardiani di una città santa, rivoluzionari senza esercito, profeti senza popolo … ma testimonianze forti. Verrà un tempo in cui la stona, la nostra storia, riconoscerà le loro ragioni, le ragioni di una città e di una civiltà che avranno un futuro. Tutto è rappresentato senza asprezze, senza acrimonia, ma con sofferma partecipazione, con equilibrio compositivo, con calore e con i caldi colori del giallo, del marrone, dell’ocra, dell’azzurro, del verde, del rosso della terra di Rossano. L’arte di Luca è la memoria strica collettiva tradotta in immagini pittoriche di limpido realismo: la sua pittura è l’epopea della Civiltà contadina, di una società arcaica ricca di storia, che un conformistico disegno di pseudo-modernità pretende rimuovere dalla coscienza individuale e storica. Quel mondo continua a vivere nelle tele di D’Amico e racconterò a quelli che verranno chi siamo e chi siamo stati. Rappresentazione e messaggio, testimonianza e profezia si integrano e si compenetrano. I valori eterni della bellezza, della verità, del bene risultano chiaramente espressi nella pittura di Luca. E poi c’è un’altra costante nelle opere del Nostro, una sorta di sottofondo o di humus comune, che potrebbe essere una peculiarità della sua arte, un altro tratto del suo stile: la malinconia. Questa traspare nei volti attoniti e pensosi, nei corpi reclinati e ricurvi, negli sguardi profondi e velati di tristezza, nelle case usurate dal tempo e dall’incuria, nell’abbandono e nella solitudine dei luoghi, nelle penombre e nei chiaroscuri. Stato d’animo e rappresentazione di un artista, voce e immagine dell’immaginario collettivo, che sa esplicitare ciò che oscuramente si agita nell’animo di un popolo, di un popolo, quello nostro, che, tra incertezze e disorientamenti, tenta faticosamente di ritrovare se stesso, le sue radici, la sua identità, il suo riscatto.
Rossano, 25 luglio 1992
Francesco Filareto – Assessore alla Cultura e P.I. del Comune di Rossano
immagini e testi sono tratti dal volume “Luca D’Amico” edito dal Comune di Rossano. Ed. Zangaro, Rossano 1992