Botticelli e Dante
Sandro Botticelli (1445-1510) si era accostato a quel monumento che era in Firenze la Divina Commedia già prima che la Signoria desse il via all’impresa di un commento illustrato al poema che, affidato per la parte testuale al grande umanista Cristoforo Landino, doveva dotare il principato mediceo di un modello esemplare di virtù civiche e tradizioni culturali elevatissime se non addirittura classiche. La prestigiosa edizione doveva riflettere comunque la potenza e il prestigio di Firenze e dei Medici proprio attraverso quel magistero del suo più illustre (benché un tempo disamato ed esiliato) cittadino, che poteva risultare molto efficace grazie a una sorta di itinerario nel mezzo delle immagini di tutti i canti. Pare che alcuni disegni preparatori a questa illustrazione del poema fossero stati effettivamente messi in carta da Botticelli, poi però abbandonati e ripresi da altri pittori o incisori ad uso della progettata edizione: quella che vide la luce nel 1481, producendo immediatamente una straordinaria sequenza di copie illustrate del poema che ancora parlano dell’enorme fortuna di Dante nella civiltà visuale dell’Umanesimo e del Rinascimento. Fatto sta che successivamente l’artista si dedicò all’esecuzione di un diverso eppur ben più leggendario insieme di disegni per il poema dantesco – quasi tutti conservati oggi e divisi tuttavia fra il Kupferstichkabinett di Berlino e la Biblioteca Vaticana – dal quale emerge un progetto che fu condiviso con alcuni straordinari dipinti botticelliani quali La Calunnia di Apelle, Pallade e il Centauro o la stessa Primavera. Un progetto inteso a ridefinire il modo di guardare alla realtà di un’intera epoca, che è poi quella dominata dal pensiero neoplatonico e dalla attenzione portata da questo ai valori del sacro quali componenti ineliminabili della nostra stessa quotidianità: una visuale dunque mediata dalla poesia della Commedia, che permettesse specialmente di ragionare su come l’arte pittorica potesse dirsi finalmente equivalente alla poesia, all’altezza cioè del primato che questa si era conquistato nei secoli. Così, confrontandosi con la forza della sublime parola dantesca, potenziata dal dono ‘metafisico’ della Grazia, il segno pittorico di Botticelli si veniva proponendo con questa impresa di assorbire e conquistare la capacità di far vedere l’invisibile sotto l’aspetto delle forme umane e terrestri.Un’impresa certo che ha del prodigioso, ma che l’artista seppe condurre a un apice ineguagliabile di raffinatezza esecutiva congiunta a potenza rappresentativa, come cercheremo domenica 15 settembre di mostrare al pubblico nel corso della presentazione e della lettura di alcuni dei disegni di questa Commedia botticelliana. Si sveleranno insomma alcune di quelle doti che fecero di Botticelli una sorta di compagno di strada di Dante sulla via della comune riflessione sul valore assoluto dell’arte per il viaggio dell’uomo nel mondo.
Prof. Marcello Ciccuto, Università di Pisa, Presidente della Società Dantesca Italiana. Il Sole 24 ore, 10.9.2019