Giudicissi Curci Ofelia

Ofelia Giudicissi Curci, nata Giudicissi (Pallagorio, 11 maggio 1934 – Roma, 13 settembre 1981), è stata una poetessa, scrittrice, archeologa e pittrice italiana, conosciuta maggiormente per il suo costante impegno nella tutela e nella salvaguardia della lingua e della cultura arbëreshë (sebbene tutte le sue poesie fossero scritte in italiano).

Biografia

Ofelia Giudicissi nacque a Pallagorio, paese arbëreshë della provincia di Crotone, l’11 maggio 1934. Di modesta famiglia e settima di dieci figli (il padre Carmine era un maestro scolastico e la madre Domenica una contadina), si sposò nell’aprile del 1959 dopo un brevissimo fidanzamento con Antonio Curci, da cui prese anche il secondo cognome. Dal matrimonio nacquero due figli: Francesco, nato nel 1960, e Pietro, nato nel 1965.

Nel 1964 pubblicò la sua prima opera letteraria, Pallagorio, un libro di poesie interamente ispirato alla sua gente e alla sua terra, a cui fortemente era legata. Fu molto attiva anche nel campo dell’archeologia, soprattutto sui terreni del suo paese natale, dove effettuò diverse ricerche sull’esatta etimologia del nome del paese stesso.

Durante la stesura del suo ultimo libro dal titolo Momenti di un profilo meridionale scomparve prematuramente, in seguito ad una malattia, il 13 settembre del 1981 all’età di 47 anni. Saranno poi il marito e i figli a pubblicare l’opera postuma, nel 1996.

Nel luglio del 2021, i figli Francesco e Pietro, danno alle stampe l’opera omnia (con alcuni inediti) intitolata Ofelia, Poesie, presentata a Pallagorio il 13 agosto del 2021, in occasione del Premio Letterario a lei dedicato.

Ofelia riposa nel cimitero di Pallagorio; sulla sua tomba è incisa la poesia Ballata di novembre.

Opere

  • Pallagorio(Arti Grafiche Pedanesi, Roma, 1964), libro di poesie;
  • Sintesi della storia di Umbriatico(scritto con Giovanni Giuranna, Olimpica, Roma, 1977);
  • Momenti di un profilo meridionale(Parretti Grafiche, Firenze1996), opera postuma;
  • Ofelia, Poesie(Firenze2021), opera postuma.

(da https://it.wikipedia.org/wiki/Ofelia_Giudicissi_Curci )

                                                alcune sue poesie e stralci di poesie

Pallagorio

Chiudo gli occhi e vedo

in fondo alla strada

un’acacia: paese del Sud

ritorto come le tue fiumare,

paese mio.

Dalla cupa malinconia

del mongolo,

al suono del triste campanaccio

che ritorna a sera

ti riconosco, paese indifferente,

paese mio.

  • ••••

Padre, benedicimi.

Cancella dal mio cuore

l’odio per i miei simili

per coloro che nulla hanno fatto

alla mia terra e dopo

aiutami a seminare.

Non sarà facile: i rovi hanno

soverchiato le colline

le case mostrano bocche gialle

di ginestre.

 

 

I dieci fratelli 

Dieci in cerchio

e la piccola madre in mezzo

braccia incrociate

e teste chine per sorreggere

la fame…

Penetrava

da ogni fessura del nostro

corpo freddo; non gelava

la chitarra però le sue corde

né la dolce ironia

companatico di speranza.

Noi dieci in fila /mano nella mano

Noi dieci, come armoniosa

carovana d’amore con i figli

dietro dall’alba al tramonto

senza lamento;

‘segreto’ per chi

non sa quante solette

di cartone nelle scarpe

lucide, quando arrivammo in città

per prepararci a vivere

dal ridente paese del Sud.

 

 

Firenze 1947

Molto mi è consentito

in tanta musica.

In un angolo

del terrazzo assolato

ascolto e penso a lei.

‘Barcarola’, ‘Serenata araba’.

Suonano ‘Per Elisa’,

Ma io desidero lei.

Cosa ha lei,

la mia piccola terra

lontana?

 

 

Vedi amore

un cielo assaporato

di neve

 

Amore

è un disperato ricordo

le nostre bocche

impregnate di pioggia;

i baci scivolavano

nella morbidezza dell’addio.

Amami gravemente

amami:

seppure la stella di Venere

foraverunt manus mea

conficcata all’ultima foglia

di limone

langue

ed pedus mea

seppure i treni al quarto d’ora

dolcemente passano

enumeraverunt omnia ossa mea

amami.

 

 

Sinfonia di un popolo morente 

Dire dashhiuria

che significa amore

e dire meme

che sta per madre

che senso ha ora che

nessuno intende più la mia lingua?

Poiché le parole rimbalzano

a noi stessi e nessuno ha mostrato

rispetto per esse…

 

 

Mio padre e il socialismo

Mio padre

non ha mai detto: ‘quello è rosso, è nero è bianco’;

ha solo detto

‘quello è mio fratello’

Quando è morto mio padre

c’erano a salutarlo i rossi

i neri e i bianchi.”

 

 

Ferragosto 1976

Roma è un deserto

ed io sono l’arabo

senza oasi, senza cammello

 

 

Ballata del recuperare un senso

non sento però l’odore del pane

sfornato né avverto le trasparenze

dell’aria, legata come sono

a questa follia cittadina.

Vivo tra roditori e pochi

uccelli che stentano.

 

 

Recuperare un senso

Chi mi restituirà

le albe e i tramonti

di queste giornate passate a Roma

sotto platani malati?

 

 

della nebbia che avviluppa

la vigna

del colore dei pampini

e dei ricci che feriscono

i funghi.

Raccontami

del focolare

dell’autunno

dell’autunno che qui

non riesco a trovare…

 

 

Inverno 1977

Il mio spazio vitale

è così limitato.

Lo chiamano progresso

il vivere assiepati sui trams

a respirare veleno

di sudori stanchi…

 

 

Passeggiata a San Callisto

Oggi domenica 20 gennaio

mi trovo a passeggiare per la città deserta.

I miei simili sono tutti rintanati

come topi freddolosi nelle case…

 

 

La città

Ore otto.

Si vuota la città:

da un buco

si riversa ad un altro.

Ore due.

Cammino inverso/altalena-travaso…

 

 

La libertà è azzurra

Il pensiero del mare

ingigantisce il desiderio

di libertà:

libertà bianca ed azzurra

bianca e azzurra è la libertà

 

 

C’è un modo di essere uccelli che spaventa

Maledetta città, piovra immane.

Finché lo stadio di assedio cessi, devono

venire angeli con trombe furenti a sciogliere

i tentacoli che ci tengono legati.

Eppure, oh rabbia io so che ci sono orizzonti

e dune a perdere e palpiti.

Bisogna pure recuperare un senso…

 

 

C’è un modo

Per tutti i pendii del mondo

per i capelli primitiva voglio trascinarmi

lontano, e raschiarmi dalla mente questa falsa melma

di cognizioni e poi librarmi come un grande

uccello oltre la città nell’azzurro

che a tratti trema sulla marina.

Oh come il mare risolve ogni cosa

 

 

Ballata minore

Non sapere dove andare

da dove venire

non mettere radici mai.

incantarsi ad un piccolo

sconosciuto lido

ed essere felici

che il treno fuggendo

porti lontano, ogni possibile indugio

 

 

Ballata del mare d’inverno

Io sogno una casa

su una piccola collina

e di fronte il mare d’inverno

… e poi vorrei

che passasse un treno e non avere

voglia nemmeno di guardare

 

 

Una gita a Bracciano, ottobre 1976

Ah sì, sono contemplativa,

certo la vita di oggi

così caotica…

Invece qui il lago

il silenzio, il respiro della sera

… era meglio socchiudere

gli occhi e sognarselo questo grigio

argenteo, solitario lago di Bracciano

 

 

Lettera alla madre

Io sogno

un albero

un albero grande

e un tavolo di pietra …

 

 

Preghiera

Signore

io lamento la perdita del grande amore:

il mare di grano, una striscia azzurra

la casa sommersa dagli ulivi

il fratello che mi sorride all’angolo

della strada …

 

 

Preghiera

ancora  non ci avvediamo di essere ciechi, sordi e che tu muori

ogni giorno per noi…

 

 

Sabato di maggio

A strisce nere

accarezza i tavolini

la brezza fine di maggio.

D’illusioni una schedina

compilata

il gelato liquefa nei bicchieri.

Per cose a me improprie

fisso lontano lo sguardo

 

 

Calabria 1974

Devi svezzarti; vincere il pianto… 

Imparare a seppellire

i morti in silenzio

rimboccare le maniche

per ricomporre frane

e rovine.

Liberati dal peggiore dei mali: il vittimismo, perché

non è più tempo di sussurri… 

 

 

Il dolore del Sud

Il Sud canta il suo dolore

perché altri intendano

 

 

Sinfonia di un popolo morente

Le canzoni, le ballate, i versi

il sarcasmo audace, il coraggio

e le care usanze, i merletti

nel bellissimo bianco inamidato

si sono persi nel cammino

dell’emigrazione.

 

 

Elezioni 1975

Non è questo

il paese che ho sognato;

….

Non sono questi gli amici che ho stimato;

uomini irrigiditi

su posizioni antiche,

Essersi liberati

dall’arroganza dei baroni

per asservirsi alla stupidità

degli istruiti

 

 

Giugno 1976

…mille lune tramontano

senza che ce ne avvediamo.

Siamo stati una vita

affacciati alla finestra

intanto che fioriva il melo.

Uomini senza intelligenza

ci hanno spogliato di ogni dignità

 

 

della nebbia che avviluppa

la vigna

del colore dei pampini

e dei ricci che feriscono

i funghi.

Raccontami

del focolare

dell’autunno

dell’autunno che qui

non riesco a trovare.

 

 

Sinfonia di un popolo morente 

Dire dashiuria

che significa amore

e dire mëmë

che sta per madre

che senso ha ora che

nessuno intende più la mia lingua?

Come ultimi orgogliosi Cheyennes

gli arbresci resistono

Poiché le parole rimbalzano

a noi stessi e nessuno ha mostrato

rispetto per esse, esse si sono spente

così che un popolo morente

può solo dire come Ettore

in punto di morte des

che sta per la parola muoio.

… le care usanze, i merletti

nel bellissimo bianco inamidato

si sono persi nel cammino

dell’emigrazione.

Non so più dire nella mia lingua

la parola soffro e dirla così

non mi è nemmeno di appagamento

posso però fare intendere

alla mia gente

come altri hanno fatto con me,

che se vogliamo, qualcosa forse

resterà di noi, del nostro cuore

dell’antico mito di un tempo.

 

 

Avrei dovuto baciarli

tutti

gli uomini che ho sentito.

-il soldato di terza classe

con gli occhi smarriti

d’amore

nella divisa

dell’indifeso;

il cacciatore

alla posta attento

mentre la lepre

si faceva d’argento

nella luna della sua morte.

Chi vieta agli uomini

di possedersi

come le rondini in volo?

 

 

Ballata santa

Tu mi annunci

l’angelo del lunedì.

A nessuna porta si fermerà

lo sai.

Lo hanno ucciso da tempo

sulla via maestra

ed è solo chimera

la sua benedizione

sulle case dove ardono odii

come ceri per la veglia dei morti – vivi.

dicono di lei

Federico Franco, Il canto di Ofelia. www.franco-federico.it

Guarasci Carol, Ofelia Giudicissi. da Menabò online

Stirparo Mimmo, Poesia sotto l_ombrellone. La pallagorese Ofelia Giudicissi. Il Cirotano 29.7.2013