Dante e la Calabria

L’INFERNO tradotto in calabrese da Salvatore Scervino

IL PURGATORIO tradotto in calabrese da Salvatore Scervino

IL PARADISO tradotto in calabrese a cura di Francesco Limarzi

E’ fuor di dubbio che Dante unì l’Italia prima di Garibaldi. Lo fece senza soldati, fucili, cavalli, ma con i versi, con la sola forza non violenta della sua poesia. Dall’800 in poi, dalla Sicilia al Piemonte, fu tutto un fiorire di studi su Dante e sulla sua opera. Studi che hanno accomunato uomini di ogni cultura e provenienza sociale, superando le barriere e i confini di quegli staterelli nei quali allora era divisa la penisola. Suscitano inoltre meraviglia le tante traduzioni che sono state fatte della Divina Commedia nei vari dialetti italiani, in modo da renderla accessibile a tutti; ad oggi se ne contano circa 150. Iniziò Carlo Porta con la versione milanese realizzata intorno al 1804-1805. A seguire ne vennero tante altre che, in una graduatoria immaginaria tra le regioni, vede la Calabria ai primi posti. Infatti nella nostra regione, fin dall’800, la Divina Commedia è il classico maggiormente tradotto, oltre che studiato e approfondito.  Nel 1840 il rivoluzionario, letterato, Domenico Mauro, di San Demetrio Corone (CS), diede alle stampe un primo volumetto sulle “Allegorie e bellezze della Divina Commedia”, che poi nel 1862 fu pubblicato in una versione molto più arricchita. Le generazioni protagoniste del Risorgimento videro nella vita di Dante, nelle persecuzioni subite, in quel suo peregrinare da esule e nella sua poesia, così ricca di valori civili e morali, il simbolo del riscatto nazionale. Riconobbero in Dante il grande profeta che ha lasciato ai posteri un patrimonio artistico, culturale, identitario e linguistico immenso e inestimabile sul quale poter consolidare le fondamenta del processo unitario. Nel 1845, Pier Vincenzo Gallo, il chitarraro di Rogliano (CS), umile figlio di un costruttore di chitarre, pubblicò sulla rivista Pitagora di Scigliano (foglio periodico di scienze lettere ed arti soppresso per motivi politici nel 1847) le sue traduzioni dell’Inferno, lasciando però l’opera incompiuta. Onofrio Simonetti, medico e insegnante di filosofia, di Francavilla (VV), nel 1848 diede alle stampe un dotto volume sulla “Filosofia di Dante contenuta nella Divina commedia”. Luigi Gallucci, medico e poeta di Aprigliano (CS), nel 1846 curò la trasposizione nel dialetto del suo paese del canto XXXIII dell’Inferno, in cui il conte Ugolino è protagonista. Del 1863 è lo studio del sottotenente, ex garibaldino, Francesco Fasoli di Rocca Imperiale (CS) sui “Pensieri sopra la Divina Commedia di Dante Alighieri”. Sempre in Calabria vennero realizzate le traduzioni integrali del Purgatorio, probabilmente intorno al 1870, dal cosentino Saverio Albo e tuttora inedita, e quella del Paradiso pubblicata da Francesco Limarzi, di Marzì (CS), del 1874. Merita di essere evidenziato che i calabresi furono tra i primi a confrontarsi con la poesia del Purgatorio e del Paradiso, quella più impegnativa per le sue implicazioni filosofiche e dottrinali e per il suo elevato registro linguistico dovuto alla progressiva perdita di contatto con il mondo terreno. D’altra parte un po’ di Calabria c’è nella Divina Commedia. Apollo Lumini (non calabrese), grande studioso dell’opera di Dante, nell’800, vi censì 59 vocaboli del nostro dialetto (eccone qualcuno: accattare, jumara, cummattere, ecc.). Sono anche citate località della Calabria, Crotone, Cosenza, Scilla e alcuni personaggi: l’abate Gioacchino e il vescovo di Cosenza. Nel 1881 il cosentino, Francesco Toscani pubblicò il primo canto dell’Inferno in dialetto cosentino. Insomma tanto Dante in Calabria e per orientarsi in questa vasta prateria di studi danteschi calabresi, resta fondamentale il testo del cosentino Stanislao De Chiara, presidente dell’Accademia Cosentina, “Dante e la Calabria”, del 1894.  Nel 1887 anche Luigi De Pasquale di Vibo Valentia pubblicò il primo canto dell’Inferno e nel 1896 Luigi Lorecchio, di Pallagorio (KR), per volgarizzare il primo canto dell’Inferno utilizzò una varietà di dialetto calabro-albanese. Successivamente il cosentino Paolo Scaglione pubblicò alcuni canti dell’Inferno e il III del Purgatorio. Federico Viola Golia di Rogliano (CS) tradusse il III canto dell’Inferno e Carmelo Lanacara di Reggio Calabria pubblicò in dialetto il XXIII dell’Inferno. Nel 1933 il sacerdote Giuseppe Blasi tradusse, nel suo dialetto di Laureana Borrello (RC), l’Inferno e negli anni successivi completò l’opera con il Purgatorio e il Paradiso. Nel Novecento altri calabresi lavorarono sui canti della Divina Commedia. Il cosentino Salvatore Scervini pubblicò nella rivista italo-americana «La Follia di New York», probabilmente tra la fine dell’Ottocento e il 1907, “Il bacio di Francesca”. Successivamente diede alle stampe la versione integrale della Commedia in calabrese. Infine, tra gli altri che si sono cimentati nelle traduzioni, non si possono non citare Vincenzo Zucchi, Vincenzo Forgione, Agostino Pernice, Francesco Pisani, Giuseppe Sgrò, Achille Antonio Sestito con una traduzione libera di “Paulu e Francesca”. Nel 1969 vide la luce “U ’Mpiernu” di Salvatore Macrì di Catanzaro e poi postumi ’U Prigatoriu e ’U Paravisu”, sempre in dialetto catanzarese. Infine Raffaele Zurzolo di Polistena (RC) nel 2002 pubblicò la traduzione dell’intera opera con una prefazione di Antonio Piromalli.

De Chiara Stanislao – Dante e la Calabria

 

Ciccio Epifanio recita il I Canto dell Inferno nel dialetto di Laureana di Borrello tradotto da don Giuseppe Blasi

 

Ciccio Epifanio recita il V Canto dello Inferno nel dialetto di Laureana di Borrello tradotto da don Giuseppe Blasi

 

 

 


 

La Divina Commedia. L INFERNO

La Divina Commedia. IL PURGATORIO

La Divina Commedia. IL PARADISO