la Casa Editrice M.I.T. di Corigliano Calabro
A chi fa ricerca capita sovente di imbattersi in libri editi dalla “M.I.T. di Corigliano Calabro” e allora viene spontaneo porsi delle domande su questa casa editrice che a Corigliano ormai non c’è più ma che per alcuni anni pose la città al centro del mondo dell’editoria e della tipografia calabrese.
La M.I.T., “Meridionale Industria Tipografica”, venne fondata da Alfredo Gigliotti un insegnate con il pallino dell’arte tipografica che era arrivato a Corigliano, insieme alla moglie Lina Sottile, nel settembre del 1953 con un incarico di insegnamento.
Gigliotti amava la poesia e l’editoria e aveva al suo attivo la pubblicazione a Cosenza di alcuni giornaletti e opuscoli oltre a qualche testo di poesie: “Riflessi d’anima” (1940), “Fiori di Sila” (1944). Dal 1949 aveva curato la rivista cosentina “Scrittori Calabresi” dove pubblicava anche suoi componimenti. Da tempo però accarezzava l’idea di una propria tipografia dove poter dare spazio agli uomini di cultura calabresi e del meridione in genere. Guardandosi intorno ritenne che Corigliano, città di 25 mila abitanti e culturalmente viva, fosse il posto giusto nel quale poter finalmente attivare il suo progetto che iniziò a prendere forma negli incontri serali presso l’osteria del famoso poeta dialettale Antonio Ungaro, “Ciccuzzo”, «bottega-ritrovo di amici, fucina di appassionate discussioni di arte e poesia», dove, continua Gigliotti, gli amici «attizzavano il fuoco perché io mettessi su al più presto la tipografia di cui andavo parlando e regalassi loro qualche colonna di spazio di un giornale locale del quale si era già trovato il titolo».
Così nacque la M.I.T. la cui prima sede si trovava in via dei Cinquecento e dove vi lavoravano Emilio Spinelli, Micuccio De Luca, Dino Baruzzi, Ottavio Graziano, il giovanissimo Giosino Santella e Ciccio Santolucido, che ne «era l’anima, e la sentiva come cosa sua, giacché l’aveva vista nascere passo passo, sacrificio dopo sacrificio».
La M.I.T. acquisì anche i macchinari provenienti dalla vecchia tipografia del cav. Dragosei, che nel tempo era passata di mano in mano, e iniziò a stampare il “Cor Bonum, Mensile politico d’informazione”, periodico che in città si pubblicava da anni sotto il controllo vigile e severo dell’avvocato Giovanni Battista Policastri, dominus del mensile.
Era immaginabile però che la sola attività di tipografia stesse stretta al “professorǝ”, come tutti chiamavano Gigliotti, e così la M.I.T. iniziò una fiorente attività di editoria.
Tanti sono i titoli “sfornati” dalla casa editrice coriglianese, per ricordarne qualcuno: innanzitutto “Duonnu Pantu”, libro col quale esordì e che fece rumore e scandalo, e poi “Musa Bruzia” di Domenico Adamo, “Momenti” di Gino Bloise, “Poesie alle donne” di Gaetano Gargiulo, “Sila, terra mia” dello stesso Gigliotti, “Diario d’Amore” di Sharo Gambino, “Annannu … vidennu” di Emanuele Di Bartolo, “Sottovoce” di Irene De Pace, “Robertino nel regno della TV” e “Graziella, favola d’oggi” di Elvira Uva Pedatella, “Francesco Antonio Piro. Contributo alla storia della Calabria e del pensiero filosofico del Settecento” di Pietro Addante e si potrebbe continuare ancora per molto.
A rinforzare la squadra della tipografia, che nel frattempo era stata trasferita in Via Vittorio Emanuele, arrivarono Franco Tullio e Gino Zangaro.
Nel 1961 la M.I.T. di Corigliano iniziò la pubblicazione della rivista “Rassegna Calabrese” che annoverava tra i collaboratori personaggi del calibro di Sharo Gambino che nella sua carriera giornalistica collaborò con diversi quotidiani nazionali e locali, da «Il Messaggero » alla «Gazzetta del Sud » e per circa un trentennio con la Rai, di Giuseppe Selvaggi, cassanese, poeta e giornalista parlamentare per “Il Tempo” ed “Il Messaggero” e direttore delle riviste culturali “Idea” e “Pianeta“, dello scrittore catanzarese Domenico Pittelli, indimenticabile autore di “Catanzaro d’altri tempi”, di Gino Bloise, che accompagnava l’impegno politico con una lunga e intensa attività di poeta coltivata con entusiasmo per tutta la vita, di Aldo Amato e di Peppino Franzè, uomini di cultura coriglianesi.
Sempre nel 1961 la tipografia venne dotata di una macchina linotype che consentì la realizzazione della composizione tipografica in modo moderno e veloce e, per inciso, questo tipo di macchina fu un’assoluta novità per una città della Calabria non capoluogo di provincia.
La M.I.T. nel 1962 iniziò a stampare “Il Rapido. Quindicinale d’informazione di Corigliano, Rossano, Acri e paesi viciniori”, una testata di informazione alla quale collaboravano giovani e meno giovani entusiasti di questa nuova esperienza: Stefano Scigliano, i fratelli Cardamone, Raffaele Mazziotti, Ermanno Candido e lo stesso Ciccio Santolucido, infaticabile, che correggeva bozze e scriveva articoli. «Il Rapido» fu per Ciccio Santolucido, che lo fondò con Gigliotti, «una creatura diletta. Quasi creatura umana».
Nell’estate del 1964 la M.I.T. venne trasferita a Cosenza vicino all’Autostazione ma mai si interruppe il rapporto della M.I.T. e del “professorǝ” con Corigliano, città alla quale Gigliotti rimase sempre sentimentalmente legato e al “professorǝ” rimasero per sempre legati i tanti giovani che, grazie alla scuola frequentata alla M.I.T., divennero valenti professionisti dell’arte tipografica e dell’editoria.